Arriva Rai5, una tv tutta per la cultura
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Arriva Rai5. Alla parola «cultura» la Rai pone mano alla pistola? Ora si vuole ovviare al vecchio stereotipo. Un luogo comune tanto caro a tutti i detrattori di una
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di Stato che dimentica il servizio pubblico: la divulgazione, l’avvicinamento alle arti, il sostegno informativo agli spettatori nel vivere quotidiano. Tutte cose che le
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del mondo invece non ignorano, come dimostrano i programmi in concorso al Prix Italia di Torino. E dove ieri il vicedirettore generale Rai, ex direttore di Raidue, Antonio Marano, ha parlato delle magnifiche sorti e progressive pronte per l’azienda. Anche grazie alla nascitura Rai5. «Che dovrà produrre finalmente cultura destinata a tutto il pubblico che aveva abbandonato la Rai», dice Angelo Teodoli, direttore dei palinsesti. Allora lo sanno, che a furia di abbandonare il pubblico, il pubblico reagisce.
«Dobbiamo essere più local per diventare più global», sintetizza Marano. Ma che significa, al di là dello slogan? «Significa valorizzare la capacità produttiva della Rai. Significa che il vero valore sta nella multipiattaforma: entro il 2015, vedrete, il modello di riferimento sarà il “tv mobile”, buono per
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generalista,
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e multimedialità. Dobbiamo cercare il mercato dei giovani, smetterla di pensare soltanto alla
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generalista, altrimenti andiamo inevitabilmente verso una
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di vecchi. Significa saper stare sul mercato. Il mercato non è una cosa disdicevole, è una linfa che serve all'azienda per non essere ghettizzata. Certo, ci sono dei problemi di competitività italiana. Per esempio la lunghezza dei format. E poi la fiction, così tanto, troppo, casalinga».
Problemi di contenuti, insomma, e davvero risulta bizzarro sentirli denunciare da un vicedirettore generale, cioè uno che comanda. «Ma io quando ero direttore di Raidue ho provato a spezzare la prima serata. E adesso ci sono tante difficoltà, l’azienda non è libera». Prego? «Dissensi interni, miopie, paure ingiustificate che riguardano i posti di lavoro». Sarà, ma non sono tempi, questi, per ignorare i timori riguardanti i posti di lavoro. L’azienda non è libera, dice Marano, ma la
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in Italia sì: «Abbiamo la maggior offerta televisiva esistente in Europa non è assolutamente vero quel che sostiene l’ad di Sky Mockridge, cioè che mancano libertà e competitività, basta guardare l’offerta complessiva per rendersi conto che i nostri livelli sono senza confronto». Marano è «dispiaciuto» che queste critiche trovino «sponda in alcune forze politiche e ambienti editoriali come se fosse arrivato il liberatore». Anche perché «Sky in Italia ha il supermercato, ma la cassa ce l’ha altrove». E Marano parla di eventi come Olimpiadi e Mondiali «che la politica dovrebbe vigilare perché vadano sulla
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free». Per quanto riguarda l’informazione «chapeau a Mentana che ha rinnovato il tg: la risposta della Rai sarà fare il più completo servizio “all news” a livello italiano, abbiamo la forza per farlo»
Ieri sera, intanto, anteprima di «A Slum Symphony - Allegro Crescendo» di Cristiano Barbarossa, musiche di Andrea Morricone (figlio di Ennio): presto in onda su Raitre, ha vinto il premio come miglior documentario al Roma FictionFest. Per anni l’autore ha seguito cinque ragazzini venezuelani poverissimi nel loro cammino di riscatto attraverso la musica. È un progetto sociale impressionante, di quelli che ti fanno essere ancora fiduciosi nei confronti della razza umana.
A uno di loro, Jonathan Guzman Farias, nel viaggio per venire a Torino, hanno rotto il violoncello: il ragazzino era talmente disperato che Ermanno Franco, violoncello dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai gli ha offerto di suonare il suo strumento. Alla presentazione c’era anche il direttore di Raitre Paolo Ruffini, reintegrato dal giudice («ma con Di Bella siamo in ottimi rapporti»): «Questo è un esempio - dice - del modo di far televisione in cui si riconosce Raitre: buona
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dando spazio e libertà agli autori e non è detto che così non si facciano ascolti».