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Baumgartner, salto record

mariomoskau

DEB König
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Baumgartner, salto record

Il paracadutista austriaco ha infranto il muro del suono lanciandosi da oltre 39.000 metri ad una velocità di oltre 1.193 Km/h

ROMA - Il paracadutista austriaco Felix Baumgartner, lanciandosi oggi in caduta libera dai limiti dello spazio da una capsula appesa a un pallone a elio sopra il deserto del New Mexico, ha infranto almeno tre record: ha superato la velocità del suono (che è di 1.193 km/h) durante la caduta, primo caso assoluto per un uomo senza l'ausilio di un aereo o di un razzo; si è lanciato dalla quota più alta mai tentata, qualche metro sopra quota 39.000 - il record precedente apparteneva all'americano Joe Kittinger, che nel 1960 fece la stessa cosa da 31.333 metri -; ha superato il primato di volo umano su pallone aerostatico - il precedente era dei Viktor Prather e Malcolm Ross, che nel 1961 raggiunsero "solo" 34.668 metri di altitudine.
cds
 
AW: Baumgartner, salto record

Felix Baumgartner, Prometeo moderno

Mentre l'atleta austriaco era in piedi sul predellino della sua navicella a 39 chilometri d’altezza e guardava con noi il deserto del New Mexico, ciascuno ha sentito accendersi quella scintilla che Aristotele indicò come impulso primario del nostro essere


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ROMA - Due ore e trentaquattro per salire in cielo, pochi minuti per tornare con i piedi per terra. In questo lasso di tempo un balzo in avanti per l’umanità, una frontiera superata, un’altra pagina epica scritta da un moderno argonauta. Felix Baumgartner ce l’ha fatta. Ha raggiunto la stratosfera, ha superato quota 39.000 metri con una navicella portata su da un pallone aerostatico riempito di elio e si è lanciato nel vuoto. «Tutto il mondo mi sta guardando, dio com’è alto quassù», sono state le ultime parole scandite con voce tremante dal paracadutista austriaco di 43 anni, nato a Salisburgo, la città di Mozart. Poi il salto, in diretta televisiva. n principio fu la meraviglia, per i greci thauma. Fu il motore che permise all’uomo di pensare e quindi di osare. Mentre Felix Baumgartner era in piedi sul predellino della sua navicella a 39 chilometri d’altezza e guardava con noi il deserto del New Mexico, ciascuno ha sentito accendersi quella scintilla che Aristotele indicò come impulso primario del nostro essere. Quando scocca la scintilla della meraviglia l’uomo, pazzo o savio, diventa grande di fronte al suo tempo e di fronte all’eternità. Che significato ha l’impresa del paracadustista spaziale austriaco? E’ un’impresa segnata dal grande dispiego di tecnologia, quella che secondo molti, ucciderebbe il pensiero, simboleggiata dalla luminescenza degli sponsor: è il denaro (investito a fini commerciali) che rende possibile l’impossibile e diventa così lente ideologica. È il moderno. O forse siamo addirittura oltre il postmoderno. Siamo nel post umano, dove una persona accelera se stesso fino a mille chilometri orari, partendo da un luogo dove nessuna particella vivente può arrivare e tantomeno può tornare. Eppure c’è tanto umanesimo in questo gesto. C’è la sfida a Dio. Un’idea prodotta dal nostro Rinascimento, quando l’uomo riprese il motivo antico delle emozioni classiche, arrivando alla conclusione finale: io sono devoto a Dio, ma posso pensare il mondo come Dio, nel mio piccolo sono Dio. E’ Prometeo che ruba il fuoco e lo dà agli uomini. Copernico e Galilei furono gli eroi di questa svolta: pensiero e meraviglia mediata dalla grande tecnologia. Galilei così guardò le stelle, Baumgarten oggi ha tentato di prenderle e portarle giù.
cds
 
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